SCHEDA 3
L’acqua inquinata: industria, agricoltura, usi civili

 
di febbraio 2003
 

Perché oggi, secondo l’O.M.S., 1.680.000.000 persone non hanno a disposizione acqua potabile? Come mai, secondo la Banca Mondiale (dati 1992), 2.000.000 di bambini muoiono ogni anno per dissenteria?

Benché apparentemente l’acqua sia una risorsa rinnovabile, in molte zone della terra è scarsa (Africa settentrionale e orientale, Medio Oriente); in altre è abbondante (es. Russia, Nord America e Sud America), ma la qualità viene continuamente peggiorata dagli inquinamenti e quindi l’acqua di buona qualità si fa progressivamente sempre più scarsa. L’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee è, infatti, originato, oltre che dalle deposizioni dovute all’inquinamento atmosferico, dalle attività agricole e zootecniche intensive (soprattutto nitrati e pesticidi), dalle attività industriali e commerciali (composti chimici, idrocarburi e metalli pesanti), dalle discariche non controllate, dalle utenze domestiche (sostanze organiche e chimiche), e anche dal dilavamento delle superfici stradali. I nemici delle falde sono quindi strettamente legati al nostro stile di vita. Interventi apparentemente "economici" nell’uso del suolo – disboscamento, cementificazione, eccessivo sfruttamento agricolo, eccessiva concentrazione urbana – fanno aumentare la richiesta d’acqua potabile ma fanno anche diminuire la qualità dell’acqua esistente. Gli acquiferi sono come delle gigantesche spugne sotterranee nelle quali l’acqua si muove normalmente solo di pochi centimetri al giorno. Una volta che l’inquinamento li raggiunge ci vuole molto più tempo per la loro pulizia rispetto a laghi e fiumi, spesso è quasi impossibile ripulirli. L’inquinamento rappresenta quindi una forma di violenza esercitata dalle comunità umane nei confronti dell’acqua e nei confronti di altri esseri umani: più domanda, peggioramento della qualità, meno acqua disponibile, più richiesta di altra acqua, sottratta ad altri. Se all’inquinamento aggiungiamo la crescita continua dei consumi, che porta all’abbassamento dei livelli delle falde sotterranee, il quadro che abbiamo di fronte è estremamente preoccupante. Le maggiori organizzazioni internazionali (OMS, Banca Mondiale, Unicef) riconoscono che se continuiamo a gestire l’acqua come in passato, il mondo si troverà ad affrontare una grande crisi idrica nei prossimi decenni.

Consumi ed inquinamento domestico

Mediamente nel mondo i consumi domestici di acqua dolce assorbono l’otto percento della quantità prelevata dalle sorgenti, dagli invasi o dalle falde (16% in Italia = 9 Kmc). Si tratta dell’utilizzo dell’acqua per bere, lavarsi, cucinare, pulire e per le istallazioni igieniche. La discrepanza dei consumi domestici tra i paesi del Nord e del Sud è notevole: i primi usano almeno il triplo dell’acqua dei secondi. Inoltre circa il 65% degli abitanti del pianeta deve camminare decine di minuti (anche ore) se vuole approvvigionarsi di acqua che spesso è di pessima qualità. Milioni di persone spinte ogni anno, da povertà, guerre e calamità naturali, verso le città vanno ad ingrossare enormi periferie che quasi sempre sono prive di servizi e di rifornimenti idrici. Il 30/60% della popolazione urbana più povera nei paesi del Sud non ha accesso alle risorse di acqua potabile della città. L’assenza di impianti di canalizzazione e di trattamento dell’acqua usata sono una delle fonti di maggior inquinamento delle acque superficiali e sotterranee. Questo causa la crescita sempre maggiore di malattie di origine idrica, che colpiscono in particolar modo i bambini, i quali necessitano di più fluidi in relazione al peso corporeo. Le stime parlano di 5 milioni di morti l’anno causati da malattie veicolate da acque contaminate (parassitosi, tifo, colera, dissenteria, gastroenterite, epatite, tracomi, lebbra, malaria ecc.).

Nei cosiddetti Paesi ricchi invece l’acqua è considerata ancora da molti un bene largamente disponibile. Ciò porta nella pratica quotidiana ad un’utilizzazione indiscriminata e consumistica rispetto alle quantità realmente necessarie ad espletare le funzioni richieste. Poiché quasi tutta l’acqua prelevata dagli acquedotti ritorna nel ciclo naturale come acqua inquinata da detersivi, oli, ecc., un eccessivo consumo comporta maggiore inquinamento. Forse è necessario riflettere sul concetto di igiene che domina nella società contemporanea. Pur riconoscendo che, nel mondo occidentale, il miglioramento dell’igiene personale e degli ambienti domestici ha contribuito alla crescita della speranza di vita, occorre rimarcare che oggi il concetto di igiene risponde più agli interessi dell’industria chimica e cosmetica che a vere esigenze sanitarie. Utilizzare quindi minori quantità di acqua e di detergenti nelle decine di usi domestici, non solo ci permette di risparmiare sulla spesa ma ci garantisce un ambiente più pulito.

Il trionfo dei consumi di acqua minerale (circa il 70% del totale per uso alimentare), oltre ad essere la conferma della diffidenza che hanno gli italiani dell’acqua del rubinetto, comporta seri problemi di inquinamento a causa degli imballaggi di plastica che vengono abbandonati, seppelliti (in discarica) o bruciati (raccolta differenziata).

Consumi e inquinamento industriale.

Le attività industriali e manifatturiere assorbono nel mondo circa il 23% dei prelievi (circa 18% in Italia = 10 kmc). Il peso del consumo idrico è rilevante soprattutto nei paesi industrializzati. L’acqua serve per sciogliere, trasportare, lavare, raffreddare. Per produrre un pollo surgelato si usano 26 litri di acqua, tra i 2 e i 10 sono necessari per un litro di birra, la lavorazione di un’automobile ne consuma 78.000, una tonnellata di cemento dai 160 ai 2.000 litri, un Kg. di carta 90. Ma il record spetta all’industria farmaceutica: per ottenere un Kg. di principio attivo sono necessari in media 10.000 litri d’acqua. Consumi a parte, la dimensione dei prelievi non costituisce una grave preoccupazione (la maggior parte dell’acqua viene riciclata all’interno del sistema idrologico), quanto la qualità dell’acqua che viene rimessa in circolo alla fine del processo produttivo. Infatti l’acqua è il mezzo ideale (e insostituibile) per trasportare via i rifiuti in modo facile ed economico. Più dell’85% dell’acqua che viene utilizzata nell’industria ritorna in natura sotto forma di acqua inquinata da prodotti chimici e metalli pesanti o in modo più sottile dal calore (es. centrali termiche o nucleari). La presenza di corsi d’acqua è sempre stata un fattore fondamentale per la localizzazione delle industrie di tutti i generi. I processi industriali inquinanti assumono particolare rilievo nei paesi del Sud, dove le Multinazionali, in presenza di legislazioni più permissive in materia di tutela ambientale, realizzano processi di produzione particolarmente inquinanti e usano tecnologie obsolete, nonostante siano in possesso di tecnologie più pulite già sviluppate ed applicate nei paesi industrializzati. Ma esempi di gravi inquinamenti ambientali non mancano nemmeno in Italia, tra i più noti: Acna di Cengio (Liguria), Icmesa (Lombadia), Enichem di Porto Marghera (Veneto), l’Enichem di Priolo (Sicilia).

Turismo e tempo libero

Le attività turistiche necessitano di grandi quantità di acqua che in genere viene fornita attraverso le reti acquedottistiche. Le situazioni più paradossali si hanno nel Sud del mondo, dove capita che villaggi turistici abbiano a disposizione acqua da poter sprecare in piscine e campi da golf, mentre la comunità locale viene lasciata a secco. Oltre al golf (un impianto di medie dimensioni richiede un fabbisogno idrico giornaliero pari ad una città di 6.000 ab.) anche gli impianti di innevamento artificiale si distinguono per gli elevati consumi di acqua, che viene prelevata in un periodo stagionale che coincide, per l’ambiente alpino, con il periodo di minima precipitazione annuale.

Fiumi e laghi.

I laghi sono le riserve d’acqua dolce che più facilmente sono soggetti a fenomeni di eutrofizzazione o di grave inquinamento a causa dello scarso ricambio idrico.Un esempio per tutti è il lago Baikal (Siberia). Questo lago, lungo 600 km, largo 50 e profondo quasi 2, le cui acque costituiscono il 20% delle riserve d’acqua dolce del pianeta, è fortemente inquinato da un enorme complesso industriale per la produzione di cellulosa. Ma in Italia non stiamo meglio.

Diciotto grandi fiumi italiani sono stati analizzati da Legambiente (Fiuminforma 2001). Su 254 campioni la metà (il 49,2%) rientra nelle classi 3°, 4° e 5°, indicative di ambienti inquinati o fortemente inquinati; il 43, 3% nella classe degli ambienti moderatamente inquinati (II classe) e solo il 7,5% per lo più in punti in prossimità delle sorgenti, nella I classe che caratterizza gli ambienti non inquinati. I tratti di maggiore degrado sono quelli vicino ai centri urbani o dov’è più concentrata la pressione antropica, a riprova della grave insufficienza dei sistemi di depurazione. Al contrario i tratti fluviali che meglio "smaltiscono" gli apporti inquinanti e conservano una forte capacità autodepurativa sono quelli che mantengono accentuate caratteristiche naturali. Il miglior depuratore di un fiume è il fiume stesso a condizione che vi sia acqua sufficiente per sostenere il naturale processo di autodepurazione. La naturalità, quindi, è l’arma principale per combattere l’inquinamento e questo presuppone che i fiumi non siano oggetto di cementificazioni (per infrastrutture stradali e/o insediamenti urbani e produttivi), dighe, captazioni indiscriminate di acqua e/o ghiaia e sabbia, rettificazioni dell’alveo (anche con innalzamento degli argini), distruzione delle vegetazione ripariale.

Depurazione.

Con il crescere dell’inquinamento la depurazione delle acque è diventato un grande affare economico. La depurazione viene applicata sia alla acque prelevate per la distribuzione alle utenze, che alle acque reflue. Ma prendono sempre più piede i depuratori domestici che però solo con una continua manutenzione danno risultati apprezzabili. Anche i depuratori delle reti fognarie quando ci sono spesso funzionano male. Nel 2000 il 73% degli abitanti dei comuni capoluogo risultava allacciato ad un impianto funzionante ma i sistemi di depurazione mancano ancora a Milano, Imperia, Trapani, Benevento (8%), Firenze (13%), Oristano (18%), Pordenone (20%) Vibo Valentia (20%). (Fonte AmbienteItalia 2002). Una recente indagine del NOE ha evidenziato che solo il 63% della popolazione equivalente viene servita da impianti mentre la percentuale di acque depurate si colloca su livelli inferiori. L’intervento in questo campo è prioritario in quanto migliore è la copertura depurativa, più adeguata è l’efficienza dei processi di trattamento, maggiore è la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento localizzato. A questo scopo un aiuto fondamentale, per i centri abitati sotto i 2000 abitanti (ma anche per abitazioni e infrastrutture ricettive isolate), può venire dalla Fitodepurazione. La Fitodepurazione è un processo naturale di trattamento delle acque di scarico di tipo civile, agricolo, e talvolta industriale, basato su processi fisici, chimici e biologici caratteristici degli ambienti acquatici e delle zone umide. Si tratta di sistemi ingegnerizzati progettati per riprodurre i naturali processi autodepurativi che presentano consumi energetici nulli o quasi, assenza di fanghi di supero da smaltire, ottimo inserimento paesaggistico, semplicità gestionale e manutentiva, buoni rendimenti medi.

Leggi sull’inquinamento.

Nel 1976 vide la luce in Italia la L. 319/76, conosciuta come legge Merli. Successivamente la necessità di recepire due direttive comunitarie (la 271/91 sulle acque reflue urbane e 679/71 riguardante l’inquinamento da nitrati) ha portato ad un nuovo strumento legislativo: il D.L. 152/99, norma quadro sulla tutela delle acque dall’inquinamento.

Conclusioni

Avere acqua di buona qualità è sempre più difficile e costoso. Trattamenti di potabilizzazione, depuratori giganteschi, pompaggi sempre più complessi, acquedotti sempre più lunghi, faranno sentire il loro peso sulle bollette. C’è una stretta relazione tra ciò che vogliamo nel piatto e ciò che troviamo nel bicchiere. E’ sì compito delle istituzioni garantire le falde come patrimonio delle comunità, ma è prima di tutto un impegno da prendersi in prima persona. Ognuno di noi deve chiedersi che cosa succede della merce dopo l’uso. Il contenimento dei consumi e degli inquinamenti non rende più poveri; anzi richiede lo sviluppo della ricerca scientifica e di innovazioni tecniche nell’irrigazione, negli strumenti domestici, nei processi industriali. Altri interventi indispensabili sono il miglioramento delle reti di distribuzione, le doppie condutture, il riuso delle acque reflue civili in campo agricolo e industriale, i cicli chiusi nei processi industriali.