Perché oggi, secondo l’O.M.S.,
1.680.000.000 persone non hanno a disposizione acqua potabile? Come mai,
secondo la Banca Mondiale (dati 1992), 2.000.000 di bambini muoiono ogni
anno per dissenteria?
Benché apparentemente l’acqua sia una risorsa rinnovabile, in molte zone
della terra è scarsa (Africa settentrionale e orientale, Medio Oriente); in
altre è abbondante (es. Russia, Nord America e Sud America), ma la qualità
viene continuamente peggiorata dagli inquinamenti e quindi l’acqua di buona
qualità si fa progressivamente sempre più scarsa. L’inquinamento delle acque
superficiali e sotterranee è, infatti, originato, oltre che dalle
deposizioni dovute all’inquinamento atmosferico, dalle attività agricole e
zootecniche intensive (soprattutto nitrati e pesticidi), dalle attività
industriali e commerciali (composti chimici, idrocarburi e metalli pesanti),
dalle discariche non controllate, dalle utenze domestiche (sostanze
organiche e chimiche), e anche dal dilavamento delle superfici stradali. I
nemici delle falde sono quindi strettamente legati al nostro stile di vita.
Interventi apparentemente "economici" nell’uso del suolo – disboscamento,
cementificazione, eccessivo sfruttamento agricolo, eccessiva concentrazione
urbana – fanno aumentare la richiesta d’acqua potabile ma fanno anche
diminuire la qualità dell’acqua esistente. Gli acquiferi sono come delle
gigantesche spugne sotterranee nelle quali l’acqua si muove normalmente solo
di pochi centimetri al giorno. Una volta che l’inquinamento li raggiunge ci
vuole molto più tempo per la loro pulizia rispetto a laghi e fiumi, spesso è
quasi impossibile ripulirli. L’inquinamento rappresenta quindi una forma di
violenza esercitata dalle comunità umane nei confronti dell’acqua e nei
confronti di altri esseri umani: più domanda, peggioramento della qualità,
meno acqua disponibile, più richiesta di altra acqua, sottratta ad altri. Se
all’inquinamento aggiungiamo la crescita continua dei consumi, che porta
all’abbassamento dei livelli delle falde sotterranee, il quadro che abbiamo
di fronte è estremamente preoccupante. Le maggiori organizzazioni
internazionali (OMS, Banca Mondiale, Unicef) riconoscono che se continuiamo
a gestire l’acqua come in passato, il mondo si troverà ad affrontare una
grande crisi idrica nei prossimi decenni.
Consumi ed inquinamento domestico
Mediamente nel mondo i consumi domestici di acqua dolce assorbono l’otto
percento della quantità prelevata dalle sorgenti, dagli invasi o dalle falde
(16% in Italia = 9 Kmc). Si tratta dell’utilizzo dell’acqua per bere,
lavarsi, cucinare, pulire e per le istallazioni igieniche. La discrepanza
dei consumi domestici tra i paesi del Nord e del Sud è notevole: i primi
usano almeno il triplo dell’acqua dei secondi. Inoltre circa il 65% degli
abitanti del pianeta deve camminare decine di minuti (anche ore) se vuole
approvvigionarsi di acqua che spesso è di pessima qualità. Milioni di
persone spinte ogni anno, da povertà, guerre e calamità naturali, verso le
città vanno ad ingrossare enormi periferie che quasi sempre sono prive di
servizi e di rifornimenti idrici. Il 30/60% della popolazione urbana più
povera nei paesi del Sud non ha accesso alle risorse di acqua potabile della
città. L’assenza di impianti di canalizzazione e di trattamento dell’acqua
usata sono una delle fonti di maggior inquinamento delle acque superficiali
e sotterranee. Questo causa la crescita sempre maggiore di malattie di
origine idrica, che colpiscono in particolar modo i bambini, i quali
necessitano di più fluidi in relazione al peso corporeo. Le stime parlano di
5 milioni di morti l’anno causati da malattie veicolate da acque contaminate
(parassitosi, tifo, colera, dissenteria, gastroenterite, epatite, tracomi,
lebbra, malaria ecc.).
Nei cosiddetti Paesi ricchi invece l’acqua è considerata ancora da molti
un bene largamente disponibile. Ciò porta nella pratica quotidiana ad
un’utilizzazione indiscriminata e consumistica rispetto alle quantità
realmente necessarie ad espletare le funzioni richieste. Poiché quasi tutta
l’acqua prelevata dagli acquedotti ritorna nel ciclo naturale come acqua
inquinata da detersivi, oli, ecc., un eccessivo consumo comporta maggiore
inquinamento. Forse è necessario riflettere sul concetto di igiene che
domina nella società contemporanea. Pur riconoscendo che, nel mondo
occidentale, il miglioramento dell’igiene personale e degli ambienti
domestici ha contribuito alla crescita della speranza di vita, occorre
rimarcare che oggi il concetto di igiene risponde più agli interessi
dell’industria chimica e cosmetica che a vere esigenze sanitarie. Utilizzare
quindi minori quantità di acqua e di detergenti nelle decine di usi
domestici, non solo ci permette di risparmiare sulla spesa ma ci garantisce
un ambiente più pulito.
Il trionfo dei consumi di acqua minerale (circa il 70% del totale per uso
alimentare), oltre ad essere la conferma della diffidenza che hanno gli
italiani dell’acqua del rubinetto, comporta seri problemi di inquinamento a
causa degli imballaggi di plastica che vengono abbandonati, seppelliti (in
discarica) o bruciati (raccolta differenziata).
Consumi e inquinamento industriale.
Le attività industriali e manifatturiere assorbono nel mondo circa il 23%
dei prelievi (circa 18% in Italia = 10 kmc). Il peso del consumo idrico è
rilevante soprattutto nei paesi industrializzati. L’acqua serve per
sciogliere, trasportare, lavare, raffreddare. Per produrre un pollo
surgelato si usano 26 litri di acqua, tra i 2 e i 10 sono necessari per un
litro di birra, la lavorazione di un’automobile ne consuma 78.000, una
tonnellata di cemento dai 160 ai 2.000 litri, un Kg. di carta 90. Ma il
record spetta all’industria farmaceutica: per ottenere un Kg. di principio
attivo sono necessari in media 10.000 litri d’acqua. Consumi a parte, la
dimensione dei prelievi non costituisce una grave preoccupazione (la maggior
parte dell’acqua viene riciclata all’interno del sistema idrologico), quanto
la qualità dell’acqua che viene rimessa in circolo alla fine del processo
produttivo. Infatti l’acqua è il mezzo ideale (e insostituibile) per
trasportare via i rifiuti in modo facile ed economico. Più dell’85%
dell’acqua che viene utilizzata nell’industria ritorna in natura sotto forma
di acqua inquinata da prodotti chimici e metalli pesanti o in modo più
sottile dal calore (es. centrali termiche o nucleari). La presenza di corsi
d’acqua è sempre stata un fattore fondamentale per la localizzazione delle
industrie di tutti i generi. I processi industriali inquinanti assumono
particolare rilievo nei paesi del Sud, dove le Multinazionali, in presenza
di legislazioni più permissive in materia di tutela ambientale, realizzano
processi di produzione particolarmente inquinanti e usano tecnologie
obsolete, nonostante siano in possesso di tecnologie più pulite già
sviluppate ed applicate nei paesi industrializzati. Ma esempi di gravi
inquinamenti ambientali non mancano nemmeno in Italia, tra i più noti: Acna
di Cengio (Liguria), Icmesa (Lombadia), Enichem di Porto Marghera (Veneto),
l’Enichem di Priolo (Sicilia).
Turismo e tempo libero
Le attività turistiche necessitano di grandi quantità di acqua che in
genere viene fornita attraverso le reti acquedottistiche. Le situazioni più
paradossali si hanno nel Sud del mondo, dove capita che villaggi turistici
abbiano a disposizione acqua da poter sprecare in piscine e campi da golf,
mentre la comunità locale viene lasciata a secco. Oltre al golf (un impianto
di medie dimensioni richiede un fabbisogno idrico giornaliero pari ad una
città di 6.000 ab.) anche gli impianti di innevamento artificiale si
distinguono per gli elevati consumi di acqua, che viene prelevata in un
periodo stagionale che coincide, per l’ambiente alpino, con il periodo di
minima precipitazione annuale.
Fiumi e laghi.
I laghi sono le riserve d’acqua dolce che più facilmente sono soggetti a
fenomeni di eutrofizzazione o di grave inquinamento a causa dello scarso
ricambio idrico.Un esempio per tutti è il lago Baikal (Siberia). Questo
lago, lungo 600 km, largo 50 e profondo quasi 2, le cui acque costituiscono
il 20% delle riserve d’acqua dolce del pianeta, è fortemente inquinato da un
enorme complesso industriale per la produzione di cellulosa. Ma in Italia
non stiamo meglio.
Diciotto grandi fiumi italiani sono stati analizzati da Legambiente (Fiuminforma
2001). Su 254 campioni la metà (il 49,2%) rientra nelle classi 3°, 4° e 5°,
indicative di ambienti inquinati o fortemente inquinati; il 43, 3% nella
classe degli ambienti moderatamente inquinati (II classe) e solo il 7,5% per
lo più in punti in prossimità delle sorgenti, nella I classe che
caratterizza gli ambienti non inquinati. I tratti di maggiore degrado sono
quelli vicino ai centri urbani o dov’è più concentrata la pressione
antropica, a riprova della grave insufficienza dei sistemi di depurazione.
Al contrario i tratti fluviali che meglio "smaltiscono" gli apporti
inquinanti e conservano una forte capacità autodepurativa sono quelli che
mantengono accentuate caratteristiche naturali. Il miglior depuratore di un
fiume è il fiume stesso a condizione che vi sia acqua sufficiente per
sostenere il naturale processo di autodepurazione. La naturalità, quindi, è
l’arma principale per combattere l’inquinamento e questo presuppone che i
fiumi non siano oggetto di cementificazioni (per infrastrutture stradali e/o
insediamenti urbani e produttivi), dighe, captazioni indiscriminate di acqua
e/o ghiaia e sabbia, rettificazioni dell’alveo (anche con innalzamento degli
argini), distruzione delle vegetazione ripariale.
Depurazione.
Con il crescere dell’inquinamento la depurazione delle acque è diventato
un grande affare economico. La depurazione viene applicata sia alla acque
prelevate per la distribuzione alle utenze, che alle acque reflue. Ma
prendono sempre più piede i depuratori domestici che però solo con una
continua manutenzione danno risultati apprezzabili. Anche i depuratori delle
reti fognarie quando ci sono spesso funzionano male. Nel 2000 il 73% degli
abitanti dei comuni capoluogo risultava allacciato ad un impianto
funzionante ma i sistemi di depurazione mancano ancora a Milano, Imperia,
Trapani, Benevento (8%), Firenze (13%), Oristano (18%), Pordenone (20%) Vibo
Valentia (20%). (Fonte AmbienteItalia 2002). Una recente indagine del NOE ha
evidenziato che solo il 63% della popolazione equivalente viene servita da
impianti mentre la percentuale di acque depurate si colloca su livelli
inferiori. L’intervento in questo campo è prioritario in quanto migliore è
la copertura depurativa, più adeguata è l’efficienza dei processi di
trattamento, maggiore è la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento
localizzato. A questo scopo un aiuto fondamentale, per i centri abitati
sotto i 2000 abitanti (ma anche per abitazioni e infrastrutture ricettive
isolate), può venire dalla Fitodepurazione. La Fitodepurazione è un processo
naturale di trattamento delle acque di scarico di tipo civile, agricolo, e
talvolta industriale, basato su processi fisici, chimici e biologici
caratteristici degli ambienti acquatici e delle zone umide. Si tratta di
sistemi ingegnerizzati progettati per riprodurre i naturali processi
autodepurativi che presentano consumi energetici nulli o quasi, assenza di
fanghi di supero da smaltire, ottimo inserimento paesaggistico, semplicità
gestionale e manutentiva, buoni rendimenti medi.
Leggi sull’inquinamento.
Nel 1976 vide la luce in Italia la L. 319/76, conosciuta come legge
Merli. Successivamente la necessità di recepire due direttive comunitarie
(la 271/91 sulle acque reflue urbane e 679/71 riguardante l’inquinamento da
nitrati) ha portato ad un nuovo strumento legislativo: il D.L. 152/99, norma
quadro sulla tutela delle acque dall’inquinamento.
Conclusioni
Avere acqua di buona qualità è sempre più difficile e costoso.
Trattamenti di potabilizzazione, depuratori giganteschi, pompaggi sempre più
complessi, acquedotti sempre più lunghi, faranno sentire il loro peso sulle
bollette. C’è una stretta relazione tra ciò che vogliamo nel piatto e ciò
che troviamo nel bicchiere. E’ sì compito delle istituzioni garantire le
falde come patrimonio delle comunità, ma è prima di tutto un impegno da
prendersi in prima persona. Ognuno di noi deve chiedersi che cosa succede
della merce dopo l’uso. Il contenimento dei consumi e degli inquinamenti non
rende più poveri; anzi richiede lo sviluppo della ricerca scientifica e di
innovazioni tecniche nell’irrigazione, negli strumenti domestici, nei
processi industriali. Altri interventi indispensabili sono il miglioramento
delle reti di distribuzione, le doppie condutture, il riuso delle acque
reflue civili in campo agricolo e industriale, i cicli chiusi nei processi
industriali.